lunedì 31 ottobre 2011

L'ingrediente che manca

"Oh, ma chi l'ha inventata 'sta storia della questione generazionale?".

Sembrerebbe un'affermazione stizzita di Bersani e invece sono io, nel mio piccolissimo, a chiedermi perché una questione cruciale per il nostro Paese venga ridotta a uno scambio di improperi tra il Segretario del PD e Renzi. Dove il primo non ammette che si "scalci" e il secondo, da provetto Harry Potter della comunicazione, rifiuta a gran voce di essere accostato ad un asino, ergendosi ad agnello sacrificale della domenica (vi ricorda nessuno?).

In questo cortocircuito che mi auguro interessi a pochi, la cosa che più mi irrita è la banalizzazione della  posta in gioco da qui a vent'anni.

All'interno del Paese non è ancora chiaro se i figli debbano ringraziare i genitori perché in un momento di crisi profonda riescono ancora a garantire loro la sopravvivenza o se invece sulla generazione dei padri pende una grave responsabilità per aver accresciuto a dismisura il debito pubblico, non sulla base di percorsi condivisi di sviluppo (quali politiche industriali?) ma sulla logica funesta del consenso (quale classe dirigente?).


Personalmente propendo per la seconda ipotesi, e non per un motivo puramente anagrafico.

Nella commedia tardo-berlusconiana, l'Italia continua a recitare la parte dello struzzo.
Sarebbe di sollievo ammettere pubblicamente che si è navigato a vista sulle debolezze degli italiani, che si è spesso cercato di tappare i buchi laddove iniziavano a manifestarsi le prime pesanti perdite e se oggi non sappiamo più come crescere faremmo meglio a smetterla di dare la colpa all'euro e alla globalizzazione e a chissà quale altra disgrazia che invade i nostri sacri confini nazionali. Colpa dei cinesi, dicono. Ma i cinesi eravamo noi, fino a qualche anno fa, quando svalutavamo la lira per riuscire a vendere i nostri prodotti sul mercato europeo, utilizzando come unica leva il prezzo!

E allora, la questione generazionale non è propriamente quella bersaniana secondo cui bisogna stare calmi e aspettare il proprio turno (che di questi tempi vuol dire aspettare che la casa crolli per scavare tra le macerie) e nemmeno quella che propone Renzi (e su cui ci sta costruendo una carriera politica, come riporta brillantemente Popolino) dove il nuovo è automaticamente migliore di quello che c'è già. E perché mai?

La questione generazionale deve necessariamente intrecciarsi al concetto cardine di meritocrazia, dando il benservito, anche a costo del conflitto, a chi non è più in grado di recitare un ruolo all'altezza del riscatto di questo Paese e giocare una partita complessa e ineludibile assieme a chi ha idee e energie da mettere a disposizione.
Ecco, prima ancora di parlare delle ricette e di mettere il cuoco alla prova, sarebbe il caso di stabilire gli ingredienti di cui abbiamo maledettamente bisogno.

sabato 29 ottobre 2011

Uno stile nuovo, a Firenze.

Le orecchie alle pagine dei libri rappresentano un attestato di stima all'autore, un ringraziamento per averci fatto godere del suo stile, della sua scrittura o dello spessore delle sue riflessioni. Rappresentano anche un invito a ritornarci, su quelle pagine.

Oggi ho ripreso 'Un grande Paese' di Luca Sofri e l'ho aperto a pagina centocinque, là dove avevo sistemato con cura un'orecchia:

"Niente e nessuno suggerisce più ai giovani di costruire qualcosa di grande, impegnato, generoso, per sé o per gli altri. Non ci sono più richieste esplicite, né consuetudini implicite".

Sofri, partendo dalla figura di Piero Gobetti, sottolinea la necessità, oggi, di individuare figure di riferimento che sappiano generare idee (e ideali) e indicare percorsi.

Si parva licet, oggi non c'è riassunto migliore di questa giornata in cui Pippo Civati ha dato l'esempio al suo coetaneo Renzi, al Segretario del suo Partito, che potrebbe essergli padre, e all'intera classe politica italiana.




Stare in un Partito vuol dire confrontarsi con tutti, non solo con gli amici o con quelli che ti invitano a parlare. Ed è giusto, anzi esemplare, arrivare sottovoce senza annunci roboanti, registrarsi come tutti, sedersi verso le ultime file ed ascoltare. Lontano dai riflettori, tra la gente comune.

Perché ascoltare è l'unica condizione che permette di trarre una sintesi, tracciare un percorso.

E Pippo, che la lezione l'ha appresa, ha messo da parte personalismi e incomprensioni, dando l'esempio a chi dovrebbe darglielo. Con stile nuovo, proprio a Firenze.

Se questo è il segno dei tempi, prendiamoci il nostro tempo e costruiamolo ora un grande Paese. Tutti assieme.

Ah, dimenticavo: #occupypd, su Twitter.

Finalmente Sud

Scrivo queste poche righe mentre Bersani da Napoli ha da poco concluso il suo discorso di fronte a 2.000 giovani dirigenti del Partito Democratico del Sud. Dell'iniziativa penso tutto il bene del mondo e che era ora, a due anni dall'elezione come Segretario, di avvicinarsi alla questione meridionale.
"Finalmente Sud!", appunto.
E finalmente Bersani ha ribadito un concetto che nell'opinione pubblica del Meridione inizia a vacillare di fronte all'avanzata del leghismo all'incontrario:
Dal Sud venga la proposta di riforma nazionale che è gradita anche al Nord. Deve partire da qui perché le riforme sono meridionaliste e quindi un Sud che chiede risorse e investimenti e che pretende riforme, lo fa per il Paese.
Il meridionalismo, è doveroso ricordarlo, ha sempre guardato all'unità d'Italia (e alla costruzione di una nuova Europa) come stella polare lungo il proprio cammino.
Non dimentichiamolo.

Un week end da Richetti

Cinque motivi per cui non ho capito cosa ci faccia Richetti alla Leopolda.




È così fuori luogo, lì, sul palco, che gli capita spesso di incantarsi. E si incanta così a lungo che sono costretto a fare refresh sulla diretta streaming.

Quando non si incanta fissa il frigo alle spalle di Faraone e teme che la tanto sospirata sorpresa della Leopolda sia Andrew Howe che esce dal frigo con i Kinder Bueno.

Dilemma numero uno: perché quando parlo io Renzi cazzeggia sul Mac? E poi, perché Renzi ha il Mac ed io no?

Dopo l'infornata di fiorentini di ieri sera (non che oggi ce ne siano po'hi!), stanotte ha fatto un incubo. Era in Curva Fiesole e parlava con la C aspirata.

Dilemma numero due: se al tavolo siamo in tre, perché il microfono super figo ce l'ha sempre e solo lui, il padrone di casa?

giovedì 27 ottobre 2011

Si trasforma in un razzo missile

Nel lento e progressivo decadimento della politica italiana, finalmente una buona notizia: Luciano Sardelli apre un blog.
Un blog, Luciano Transformer Sardelli.








L'ultimo post? "Dicono di me. Estratto da Wikipedia". E giù col cursus honorum, degno della peggiore tradizione parlamentare di fine ottocento:


2001: eletto nelle file di Forza Italia.
2005: si "trasforma" nel Gruppo misto.
2006: Lega Nord-Movimento per l'Autonomia (si candida alle politiche ma non viene eletto).
2008: eletto nelle file dell'MPA (Movimento per le Autonomie).
2010: si "trasforma" in Noi Sud.
2011: si "trasforma" in Iniziativa Responsabile.
2011: si "trasforma" nel Gruppo misto.


Ora, il 2012 è vicino. E con esso la fine del mondo. Onorevole Sardelli, non vorrà mica passare a miglior vita sotto l'insipida appartenenza al Gruppo misto?

mercoledì 26 ottobre 2011

Magari la votano

Sono d'accordo su tutto, tranne le pensioni.
Pippo, che i leghisti li conosce bene, ha una soluzione: la linea MagiPò.

martedì 25 ottobre 2011

Cento di questi maestri

Uno come lui, "con un cognome così", porta con sé saggezza e lungimiranza, chiarezza e visione.
Uno come Marco Rossi-Doria, maestro di strada, rappresenta una testimonianza fondamentale per il Mezzogiorno e per l'Italia, una voce autorevole che si distingue nettamente dal chiassoso chiacchiericcio di tanti cattivi maestri,  i quali da tempo si dividono la scena tra coccodrilli sui giornali di partito e curiose sortite su fantomatiche forze anti-leghiste.
Dopo la due giorni di Bologna in cui ha parlato di scuola, Rossi-Doria ci regala una lettera dal sapore dolceamaro sulle condizioni attuali del Mezzogiorno d'Italia, un'analisi lucida mista ad un rinnovato impegno personale per una questione, quella meridionale, che ce l'ha impressa nei cromosomi.
La lettera, la trovate qui:


Cosa vuol dire essere moderati?

Ale Siro mi piace, è un ragazzo sveglio e si alimenta di ottime letture.
Sabato ha duettato con Rosy Bindi e il suo discorso, a metà tra intervento e apologo, ha catturato l'attenzione di tutta la platea perché Alessandro è assai bravo a spiegare in modo semplice e coinvolgente delle faccende terribilmente serie.

Questo il passaggio che mi ha convinto di più:
dobbiamo essere radicali negli obiettivi e realistici nei passi concreti per arrivarci. La capacità umana di immaginare il cambiamento sociale è limitata. I tentativi di immaginare un futuro migliore sono spesso semplicistici e schematici; di solito si propone l'esatto opposto dello stato presente, invece di qualcosa di semplicemente diverso. Il problema è che spesso siamo incapaci di immaginare come raggiungere grandi obiettivi attraverso i lenti e piccoli progressi conquistati a furia di compromessi e concessioni all'avversario.
 Chiaro, no?

lunedì 24 ottobre 2011

Il nostro (financial) time

Con l'editoriale odierno, il Financial Times prende di petto la questione generazionale:
In continental Europe, a two-tier labour market too often obliges younger workers to suffer job insecurity, while preserving for older workers a significant degree of protection.
These problems are especially marked in countries such as Greece, where the system has privileged insiders while saddling the rest of the population with enormous debts and the prospect of sovereign default.

il movimento degli indignados e l'inadeguatezza della classe politica:

It is easy to dismiss the protests as the product of an incoherent fringe. Where the protesters do find common ground is in their outrage at the lack of economic opportunities and their alienation from mainstream politics. Failure to address these concerns would risk reinforcing the protesters’ sense of disengagement, transforming their alienation into a dangerous self-fulfilling prophecy.

Tre temi che caratterizzano Prossima Italia sin dalla sua nascita e che hanno tenuto banco anche a Bologna, lo scorso fine settimana, a Il Nostro Tempo.
Questi gli interventi di Pippo e Debora. A breve tutto il resto: dalla politica alla "società civilissima".

giovedì 20 ottobre 2011

Alla lettera

Il collettivo di abusting Quink si diverte ad elencare le scuse per dar fuoco a Roma.
Secondo me Er Pelliccia ha preso un pò troppo alla lettera questo avviso:



mercoledì 19 ottobre 2011

Indignati: l'eterogenesi dei fini.

Er Pelliccia, uno dei non pochi stronzi che ha rovinato la manifestazione di sabato scorso, finalmente ha un nome e un profilo.
A estintori fermi, della marcia degli indignati e delle loro rivendicazioni, non resta che l'immagine di un ragazzo assai preso dalla guerra a cui giocava nel centro di Roma.
Resta ancora insoluto il rebus del debito che gli indignati di casa nostra dicono di non voler pagare, la finanza che "cancella la democrazia", il no alle privatizzazioni, la Repubblica da fondare sui beni comuni. Insomma, dov'è finita la pulsione di migliaia di ragazze e ragazzi che hanno preso coscienza della scala di questa crisi globale che stringe al collo le nuove generazioni?
La sensazione è che si sia incappati nella classica eterogenesi dei fini, in cui il risultato finale stride fortemente con le intenzioni e le aspettative iniziali. Come spiegare altrimenti una generazione di precari che nel momento di massima esposizione mediatica si ritrova rappresentata dalle gesta di un bamboccione? Sì, perché a voler infierire, il ragazzo che lanciava l'estintore ha 24 anni, è al primo anno di Psicologia a Roma e ha precedenti per droga. Mi fermo qui, perché è urticante trinciare ulteriori giudizi su di una persona che si conosce solo per quello che si legge sul suo conto.

E allora, è tutta colpa di Fabrizio, si chiama così Er Pelliccia, e dei suoi emuli? No di certo.

La mancanza di organizzazione in occasione di una manifestazione che avrebbe visto sfilare decine di migliaia di persone o l'assenza della voce e del volto di un leader che, come successo per gli indignados in Cile, sono stati capaci di trasmettere messaggi chiari senza che venisse loro soffiata la scena da improvvisatori dell'ultim'ora, possono aver concorso, anche se in minima parte, al cortocircuito di sabato scorso.
Il peccato capitale di questo movimento, però, è da imputare principalmente all'assenza di una visione di lungo termine che ne giustifichi le proposte. Banalizzando, ho l'impressione che il messaggio di fondo sia questo: scurdammoce 'o passato, noi la crisi non la paghiamo e il futuro è affidato alla gestione dei beni comuni.
Davvero pensano che uscire dall'euro sia una soluzione? Non sanno che l'euro ci ha consentito di risparmiare un bel pò di "schei" sugli interessi passivi del nostro debito? Lo sanno che uscendo dall'euro i nostri stipendi varrebbero, per chi ne ha o ne avrà, circa la metà?
Cosa vuol dire un no secco e indistinto alle privatizzazioni? Non sanno che il pubblico e il privato vivono di interscambi continui e se è vero che privatizzare non sempre è una buona opzione, allo stesso modo una massiccia opera di centralizzazione rischierebbe di riproporre le stesse condizioni dei primi anni '90? Su questo punto ho l'impressione che l'opinione pubblica di centrosinistra sconti ancora vecchi pregiudizi novecenteschi (ottocenteschi?) quando si era tanto affezionati alla contrapposizione tra capitale e lavoro e il mondo era di due colori netti e distinti (e distanti), dove le sfumature non erano ammesse: da una parte i proletari e dall'altra i padroni.
Insomma, la nostra generazione di motivi per indignarsi ne ha parecchi. La visione puramente barricadera rischia però di banalizzare le idee forti che dovrebbero smuovere le menti di chi ha voglia di andare oltre la protesta e proporsi classe dirigente. Perché non è più credibile una classe politica che ha garantito, col pretesto del consenso, benessere a debito (vedi le pensioni facili e il "reclutamento" massiccio e indistinto operato per decenni nel settore pubblico) e non è certo questa classe politica a dover decidere, ancora una volta, del destino dei propri figli.
Perché i figli, a quanto pare, sono diventati grandi e hanno compreso la portata della crisi che dovranno pagare. Solo se riusciranno a studiarne attentamente le cause, saranno in grado di immaginare nuovi sentieri di sviluppo. Altro che vie di fuga!

lunedì 17 ottobre 2011

Focus Ambiente tra marginalità e immaginazione.

Focus Ambiente - da Il Sole 24 ore di oggi

L'Italia delle città si è fermata, e guai a rifugiarsi sotto l'ombrello della crisi e della conseguente riduzione dei finanziamenti agli enti locali.
Lo studio, che si basa sull'analisi di 8 indicatori (rifiuti, aria, acqua, trasporti, ambiente, energia e pubblica amministrazione), è l'ennesima riprova che il nostro Paese ha il freno tirato e che ai margini, come un giocatore destinato irrimediabilmente alla panchina, si staglia la figura di un Sud in balia dell'immobilismo.
Stando ai dati, Bari si conferma la realtà di riferimento per il Sud anche se il ritardo nei confronti di città ugualmente grandi del centro-nord è ancora difficile da colmare.
E le altre città della Puglia? Male, molto male: il quadro della situazione è poco incoraggiante se pensiamo che Taranto, Foggia, Brindisi e Lecce rappresentano il fanalino di coda nella raccolta differenziata (Taranto addirittura col 4,4%), Brindisi per la mobilità sostenibile e le politiche energetiche con lo 0%! Viene da chiedersi, poi, perché diversi dati in Puglia non siano ancora disponibili; il dubbio, legittimo, è che mascherino inefficienza o inadeguatezza.
A parziale discolpa va detto che le città meridionali "scontano" il lungo processo di urbanizzazione selvaggia che dagli anni '50 agli anni '80 ha permesso ai singoli privati di costruire in maniera deliberata in assenza di precisi piani urbanistici. Il problema, ad essere pignoli, è che gli anni '80 sono passati da tempo.
Fatto sta, e qui ritorniamo alla cornice nazionale, che sul banco degli imputati non v'è che la politica e la sua incapacità di "immaginare, pensare un altro modo di muoversi in città, di consumare, di usare l'energia, un'idea diversa del modo di essere comunità urbana" come dice giustamente il Presidente nazionale di Legambiente.
L'immaginazione, appunto. Quella che il Prof. Cassano nel suo saggio "Oltre il nulla" definiva come l'unico modo per "proiettarci nei mondi del passato e ascoltare la voce del futuro e delle generazioni che ci seguiranno".
Ma si sa, modernizzare stanca (cit.).