A estintori fermi, della marcia degli indignati e delle loro rivendicazioni, non resta che l'immagine di un ragazzo assai preso dalla guerra a cui giocava nel centro di Roma.
Resta ancora insoluto il rebus del debito che gli indignati di casa nostra dicono di non voler pagare, la finanza che "cancella la democrazia", il no alle privatizzazioni, la Repubblica da fondare sui beni comuni. Insomma, dov'è finita la pulsione di migliaia di ragazze e ragazzi che hanno preso coscienza della scala di questa crisi globale che stringe al collo le nuove generazioni?
La sensazione è che si sia incappati nella classica eterogenesi dei fini, in cui il risultato finale stride fortemente con le intenzioni e le aspettative iniziali. Come spiegare altrimenti una generazione di precari che nel momento di massima esposizione mediatica si ritrova rappresentata dalle gesta di un bamboccione? Sì, perché a voler infierire, il ragazzo che lanciava l'estintore ha 24 anni, è al primo anno di Psicologia a Roma e ha precedenti per droga. Mi fermo qui, perché è urticante trinciare ulteriori giudizi su di una persona che si conosce solo per quello che si legge sul suo conto.
E allora, è tutta colpa di Fabrizio, si chiama così Er Pelliccia, e dei suoi emuli? No di certo.
La mancanza di organizzazione in occasione di una manifestazione che avrebbe visto sfilare decine di migliaia di persone o l'assenza della voce e del volto di un leader che, come successo per gli indignados in Cile, sono stati capaci di trasmettere messaggi chiari senza che venisse loro soffiata la scena da improvvisatori dell'ultim'ora, possono aver concorso, anche se in minima parte, al cortocircuito di sabato scorso.
Il peccato capitale di questo movimento, però, è da imputare principalmente all'assenza di una visione di lungo termine che ne giustifichi le proposte. Banalizzando, ho l'impressione che il messaggio di fondo sia questo: scurdammoce 'o passato, noi la crisi non la paghiamo e il futuro è affidato alla gestione dei beni comuni.
Davvero pensano che uscire dall'euro sia una soluzione? Non sanno che l'euro ci ha consentito di risparmiare un bel pò di "schei" sugli interessi passivi del nostro debito? Lo sanno che uscendo dall'euro i nostri stipendi varrebbero, per chi ne ha o ne avrà, circa la metà?
Cosa vuol dire un no secco e indistinto alle privatizzazioni? Non sanno che il pubblico e il privato vivono di interscambi continui e se è vero che privatizzare non sempre è una buona opzione, allo stesso modo una massiccia opera di centralizzazione rischierebbe di riproporre le stesse condizioni dei primi anni '90? Su questo punto ho l'impressione che l'opinione pubblica di centrosinistra sconti ancora vecchi pregiudizi novecenteschi (ottocenteschi?) quando si era tanto affezionati alla contrapposizione tra capitale e lavoro e il mondo era di due colori netti e distinti (e distanti), dove le sfumature non erano ammesse: da una parte i proletari e dall'altra i padroni.
Insomma, la nostra generazione di motivi per indignarsi ne ha parecchi. La visione puramente barricadera rischia però di banalizzare le idee forti che dovrebbero smuovere le menti di chi ha voglia di andare oltre la protesta e proporsi classe dirigente. Perché non è più credibile una classe politica che ha garantito, col pretesto del consenso, benessere a debito (vedi le pensioni facili e il "reclutamento" massiccio e indistinto operato per decenni nel settore pubblico) e non è certo questa classe politica a dover decidere, ancora una volta, del destino dei propri figli.
Perché i figli, a quanto pare, sono diventati grandi e hanno compreso la portata della crisi che dovranno pagare. Solo se riusciranno a studiarne attentamente le cause, saranno in grado di immaginare nuovi sentieri di sviluppo. Altro che vie di fuga!
Non fa una piega.
RispondiEliminaSpetta alla politica riappropriarsi degli spazi di proposta, e rendere quel dissenso costruttivo. Il popolo degli indignados rischia d'essere soltanto massa critica consegnata al vento (pericolosissimo e inutile) dell'antipolitica.
Spiace dirlo, ma c'è dell'altro: quanti dei ragazzi scesi in piazza sabato conoscevano sino in fondo le reali rimostranze della mobilitazione, e quanti - soprattutto - erano in grado di argomentarle in modo appena credibile? Risposta: pochi, pochissimi.
In piazza, ed è giustissimo così, si riversa ormai un'esasperazione sacrosanta, ma indistinta. A questo proposito, il fatto che ormai le manifestazioni partano - come si dice - "dal basso", "dalla base", "dai movimenti", è sì garanzia di genuinità. Ma crea una confusione abnorme circa la piattaforma di argomentazioni: in quel pulviscolo di movimenti, sigle, coordinamenti c'è chi s'indigna e protesta per i motivi più diversi. La Tav in val di Susa, il carbone a Brindisi, l'acqua pubblica, il diritto allo studio, i truffati dai bond Parmalat, la cassaintegrazione in Campania, per quanto ne so io sabato potevano esserci in piazza pure i "rottidicoglioni da Krasic". Un magma indistinto che non agevola l'analisi e la proposta. Mi ricorda l'adagio-manifesto programmatico di Giovanni Bivona: "Protestiamo!".
http://www.youtube.com/watch?v=5tQOY1ziqrc
La verità è che mancano i grandi poli di attrazione e canalizzazione di dissenso-e-idee, come i partiti, i sindacati, i grandi movimenti.
Un esempio? Eccolo: http://www.ilpost.it/2011/10/19/il-pd-secondo-il-wall-street-journal/
Ah, dimenticavo: bello il blog.
fgg
In effetti Bivona con il suo manifesto programmatico rappresenta la prima esperienza di antipolitica postmoderna e Grillo è solo un bieco imitatore.
RispondiEliminaUna chicca segnalata da Michelangelo è quella del secondo 26, quando suonano il clacson che indica a Bivona di uscire dal portone del Municipio. E poi lui compie il capolavoro dei capolavori: "Shto arrivando, shto arrivando!".
A proposito di antipolitica, hai visto il video di Pannella che si aggira tra i manifestanti? Mi pare sia stato accolto civilmente dalla piazza: http://www.youtube.com/watch?v=zgIyylu5aMk
Per carità, legittimo dissentire ma certe forme di proposta non attengono a un contesto democratico. Il problema è che in questi anni siamo stati educati allo scontro più che al dibattito e alla comprensione dei problemi.
Mah, nell'attesa della tua venuta (nella blogosfera) ti auguro una buonanotte.